Se a qualcuno fosse sfuggito questo articolo, ecco la classifica dei 50 migliori vini italiani apparsa sul Corriere della Sera di ieri.
Non dico che riuscirò a provarli tutti ma, poco a poco, almeno qualcuno sì.
Se a qualcuno fosse sfuggito questo articolo, ecco la classifica dei 50 migliori vini italiani apparsa sul Corriere della Sera di ieri.
Non dico che riuscirò a provarli tutti ma, poco a poco, almeno qualcuno sì.
Il lato oscuro della Campania, l’anima nera della Falanghina. Tanto quella è delicata e candida, tanto questo è sporco e cattivo.
Il Gragnano è un vinaccio frizzante, da istinti primordiali. Un manigoldo da bettole della peggior risma, che non si beve e non si degusta: si butta giù alla viva il parroco da bicchieri di vetro spesso.
Si accompagna ad acerrime partite di tressette, di briscola e di scopone scientifico, durante le quali contribuisce a sparigliare carte e pensieri, suggerendo bestemmie feroci e occhiate in tralice.
Va da sé che questo vino preferisce pietanze altrettanto sfacciate: le salsicce coi friarielli, la trippa, il panino con la polpetta, la frittatina di maccheroni, il “panuozzo” e altre delicatezze simili. Non disdegna i provoloni piccanti e gli affettati, purché rigorosamente vietati dai dietologi.
Vivamente sconsigliato per un primo appuntamento o per tavole di palati fini, è perfetto per rimpatriate tra amici che non vedono l’ora di rivelarsi i segreti più inconfessabili.
Può presentarsi vagamente sessista, come un vino maschile e patriarcale, ma non teme donne consapevoli e con le spalle solide, ballerine di taranta, suonatrici di nacchere.
Se una volta ogni tanto vi va di lasciarvi alle spalle le buone maniere e di concedervi un giro nei bassifondi, di abbandonarvi all’istinto e poi tirare l’alba cantando a squarciagola sorreggendovi a vicenda, be’, portatevi un Gragnano: poi dovranno venire a recuperarvi da qualche regione remota di voi stessi e ricordarvi il vostro nome ma, credetemi, ne sarà sicuramente valsa la pena. Prosit!
Mi imbatto in questo giovane rosso in una piacevole sera d’agosto.
Il contesto è splendido: la fattoria Terranova, arroccata sul promontorio che domina Sant’Agata sui due golfi, a Massa Lubrense. La sera è chiara. Dalla grande terrazza si vedono chiaramente le luci della costa e il placido profilo dell’isola dei Galli. Il clima è mite. Non si potrebbe chiedere di meglio.
Il servizio è impeccabile, la compagnia bella. Ordiniamo antipasti misti e un assaggio di diversi primi. “E il vino?” Chiede il titolare. Ci facciamo consigliare, ed è una scelta felice.
Ci arriva al tavolo questo Pallagrello di cui, francamente, non avevo mai sentito parlare. E’ vero che non sono un esperto, quindi la mia ignoranza non fa testo, ma questa volta c’è una ragione oggettiva: si tratta infatti di un vitigno riscoperto da poco e perciò di un vino (o, se preferite, di una varietà) da poco in commercio.
Ci viene proposta una vendemmia del 2013. Un giovanotto, dunque. Forse troppo. Qualcuno storce il naso. “Fidatevi”, dice il sommelier. Ci fidiamo.
A dispetto della giovane età, in effetti, questo rosso è pieno di carattere: colore magnifico, gusto robusto, grande personalità. Si accompagna benissimo alla varietà di piatti che abbiamo in tavola: fritturine, frutti di mare, latticini, polpo in insalata, verdure sott’olio e grigliate, bruschette classiche, bruschette con paté, primi di terra e di mare. Il pallagrello trova il suo spazio, gioca di squadra, senza cancellare i sapori e senza tirarsi indietro. Bocca e palato non restano indifferenti, e conservano a lungo la traccia del suo passaggio. Sono i tannini, questo lo so. Un pelino forti, ma non ancora abbastanza da essere fuori misura.
Pare che vogliano farne un vino da invecchiamento, proprio per ammorbidire il suo colpo di coda. Be’, sarà interessante scoprire questo prorompente giovanotto in che genere di maturo signore si trasformerà. Per ora, all’esordio, lo promuovo a pieni voti.
“Ma ti sei messo a fare il sommelier?” Mi chiede la mia amica, stupita per le mie recensioni enologiche. In effetti, non sono famoso per la mia competenza in materia (non sono famoso per la mia competenza in generale) e normalmente non mi spingo molto al di là del semplice piacere di bere, di vedere rilassata la compagnia e di ammirare la composizione formata sulla tavola da una bella bottiglia e da calici ben fatti. Continua a leggere “Scrivere Di Vino”
Felice sorpresa pescata al supermercato. Vince un lungo ballottaggio con un Rubrato Aglianico dei Feudi di San Gregorio, per puro desiderio di cambiamento.
Lo stappiamo appena arrivati a casa e lo lasciamo “ossigenare” per circa 30 minuti prima di assaggiarlo con l’aperitivo: la prima impressione è di moderata soddisfazione, ma nulla più. “Be’”, dice lei. “Per essere un vino da supermercato è profumato”.
Ci diamo poi alla preparazione della cena. Consiglio ai puristi di saltare queste righe perché, pur nella mia profonda ignoranza, intuisco che si tratta di un atto di brutalità: si trattava infatti di un paio di paninacci con hamburger di tacchino, conditi da insalata, pomodoro, formaggio e salsa barbecue, accompagnati dalle immancabili patatine fritte. E perché non berci su una birra? direte voi. Non lo so, vi dico io. Ci andava così. E l’hamburger di tacchino? Per le calorie? Lasciamo perdere…
Ad ogni modo, questo Ripasso non si è fatto intimidire e nonostante la viltà dell’accompagnamento ha dato il meglio di sé col passare dei minuti (ragion per cui, nel caso, vi consiglio di lasciarlo ossigenare almeno un’oretta). Un bel gusto morbido e brillante, che lascia bocca e labbra libere e non impastate come certi rossi da combattimento. Da aggiungere una discreta capacità di nascondere con la sua piacevolezza i suoi 13,5 gradi, che sono arrivati solo in seguito, di soppiatto, sotto forma di un amabile intorpidimento di mente e corpo che ci ha sospinti sul divano pieni di grandiosi progetti per la pace nel mondo.
Lei, che la sa parecchio più lunga di me, lo ha definito (prima che i 13,5 gradi si rivelassero) un vino “promettente”: ad avere una cantina adatta alla conservazione si potrebbe scoprire tra un paio d’anni di aver fatto un ottimo investimento. Oggi la bottiglia costa 9,98 euro. Tra qualche anno, la stessa annata potrebbe valere di certo qualcosa in più. Provatelo.
Magari insieme al divano.