Leggendo Il silenzio

“È vero che facciamo tutti parte di un continente, ma dobbiamo anche renderci conto delle potenzialità di essere un’isola.”

A volte penso che la mia attrazione per la solitudine, la mia diffidenza per i riti della socialità, o meglio per la loro sovrabbondanza, siano in qualche modo legate a una forma di disadattamento. Sono, in fondo, una persona timida e introversa, con un livello non sempre adeguato di autostima.

Poi mi imbatto in libri di persone parecchio diverse da me, persone coraggiose, che fanno cose fuori dal comune che io non farei mai, come, per esempio, andare da soli al Polo Sud.

È il caso di questo Erling Kagge, un norvegese che è stato il primo uomo a raggiungere il Polo Sud in solitaria e il primo a raggiungere i tre Poli, cioè il Polo Nord, il Polo Sud e una cima dell’Everest. Mica cotiche!

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Smash – 15 racconti di tennis

Prima o poi doveva capitare, che mi mettessi a parlare di libri. Lo faccio in sordina, partendo da un’opera non esattamente memorabile, ma è l’ultima che ho letto e che, soprattutto, sono riuscito a finire. Si tratta di Smash, 15 racconti di tennis, pubblicato da La nave di Teseo: quindici storie di altrettanti autori diversi, tutti italiani, che hanno come sfondo il più romanzesco degli sport.

Il libro ha un andamento altalenante, legato alla vena non proprio omogenea degli autori. Tra tutti, i racconti che preferisco sono Vitamina, di Sandro Veronesi, La sentinella, di Valeria Parrella e, soprattutto, La tortura cinese, di Mauro Covacich.

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Effetto città

Leggo un libro sulla città. La quarta di copertina recita “La metropoli contemporanea: un mondo dove si incontrano e si sovrappongono geografie differenti. Un’opera d’arte complessa, enigmatica, infinita”.

La città come opera d’arte, una cosa che ho sempre pensato non certo una novità. Ma forse è anche a questo che servono i libri. A sistemare cose che sai, a dare ordine a pensieri confusi, così che, tutti bene allineati, diventino conoscenza.

La città è il posto in cui vivo, in cui mi piace vivere. Mi attira la possibilità di un libro sulle sue architetture, i suoi spazi, i suoi significati. “Le nostre metropoli non sono più ‘città dello spazio’, governate da leggi prospettiche rigorose, ma ‘città delle situazioni’…luoghi plasmati da violenti conflitti tra identità e differenze, tra saperi e poteri”. Anche questo lo so, lo intuisco tutti i giorni salendo sulla metro o attraversando quartieri con la bici. Leggerlo conferma la mia esperienza, le dà valore e questo, non so perché, mi fa sentire parte di qualcosa.

Ma non leggo libri solo per cercare conferme. Leggere sul mondo in cui vivo mi aiuta a trovare parole nuove, mi spinge a guardare le cose da un’altra prospettiva. “La città di oggi è una città-lista… un elenco non lineare di episodi”. Eccola, la vista nuova, quella a cui non avevo pensato. E, con la parola, arriva la cosa, cioè un’altra luce, un altro mondo che vale la pena approfondire. La città come successione non lineare di episodi, come narrazione infinita, aperta a tutto.

E’ solo una singola frase, lo so, ma accende in me il desiderio di esserci. Che sia Milano o Napoli poco importa. Narrazioni diverse, tutte valide. Ora il sole splende sul frammento di città inquadrato dalla mia finestra. Un frammento piccolo, col giusto numero di alberi e di case. Io potrei continuare ma mi fermo. Ho sotto gli occhi un episodio appartato della grande lista.

Esco a farmi un giro.