L’Usignolo

L’Usignolo è il primo libro di Kristin Hannah, l’autrice de La stagione del coraggio, uno dei libri che in questi ultimi due anni mi è piaciuto di più. E così, poichè, a quanto pare, si tratta del suo primo grande successo, del romanzo che l’ha fatta conoscere al grande pubblico, ho deciso di leggerlo.

Mi ci sono avvicinato con grande curiosità ma, confesso, all’inizio ho provato un po’ di delusione. Rispetto a La stagione del coraggio, infatti, mi è sembrato di leggere lo stesso libro, solo ambientato in un’altra guerra: il primo in Vietnam, il secondo nella Francia occupata dai nazisti, durante la seconda guerra mondiale. Ma la protagonista sembra essere la stessa, così come la struttura del libro: una ragazza forte che, contro tutte le aspettative e le convenzioni sociali decide di fare la sua parte e di partecipare attivamente alla guerra, rivelando nel corso degli eventi una determinazione e un eroismo superiori a quelli di molti uomini. Lì si tratta di un’infermiera, qui di una “passeuse”, una ragazza che aiuta i soldati alleati – o meglio, i piloti alleati abbattuti e non ancora catturati – a superare i confini della Francia occupata per trovare rifugio nella zona libera o in Spagna. Per la verità, le protagoniste in questo romanzo sono due: Isabelle, la passeuse, e sua sorella Vianne, che è il personaggio che durante il romanzo cambia di più e, di conseguenza, forse risulta anche più interessante. 

Dunque, inizio così così, con un po’ di delusione, non tanto per il libro in sé, quanto per il senso di déja-vu. Le due cose che mi hanno fatto andare avanti sono state la qualità della scrittura e la struttura del racconto, ovvero una vicenda di invenzione calata in un contesto storico preciso, molto reale, ricostruito con grande accuratezza o, quanto meno, con grande credibilità. Ho scoperto che in questa fase della mia vita da lettore questo tipo di romanzi/racconti sono quelli che preferisco. 

E poi, dicevo, la qualità della scrittura. Per qualità non intendo un tipo di scrittura alta, da Grande Letteratura: al contrario, quello di Hannah è uno stile accessibile, adatto a un pubblico molto vasto, anche di lettori occasionali – da treno, per intenderci, o da spiaggia. Tuttavia, questo stile accessibile non diventa mai sciatto o troppo scontato. Si mantiene sempre almeno un filo al di sopra della banalità, così anche i lettori più esperti possono sentirsi al riparo da stilemi e formule trite o eccessivamente commerciali. 

Insomma, una prosa equilibrata, piacevole, adatta a tutti, che rende le ambientazioni estremamente nitide e le azioni e le relazioni tra i personaggi sempre coinvolgenti. 

E così sono andato avanti e, piano piano, la combinazione finzione/realtà e stile piacevole ha avuto la meglio. Il libro mi è piaciuto e non nascondo che, alla fine, mi è quasi scappata anche una lacrima di commozione per un finale che credevo di aver capito in anticipo e che, invece, si è rivelato piacevolmente diverso dalle attese. Non del tutto, ma quel tanto che basta. 

Insomma, un libro che consiglio, con una sola avvertenza. Se aveste intenzione di leggerli entrambi – intendo anche La stagione del coraggio – o se doveste aver già letto uno dei due, ecco, lasciate passare un po’ di tempo prima di iniziare l’altro. L’esperienza sarà di certo più appagante.

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