Di Chianti e Fiorentine

Firenze è sempre bella. Mancavo da diversi anni e nel ricordo l’avevo rimpicciolita alla trinità classica: Piazza della Signoria, Piazza del Duomo, Ponte Vecchio.

Ci sono tornato per un estemporaneo weekend in questa fine di settembre. Tutto sabato, parte della domenica, un’ora e mezza di Italo da Milano. Su booking fermo un piccolo hotel a cinque minuti dal centro, subito oltre Ponte Vecchio, in borgo San Jacopo. Niente di che, camera un po’ sciatta, receptionist straniere che a malapena capiscono l’italiano ma poco male: non è qui che passerò il mio tempo.

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Per lo più passeggiamo. Il tempo ci aiuta, regalandoci due giorni di sole pieno, di luce splendente e temperatura mite. Conosciamo già le attrazioni turistiche, così decidiamo di perderci senza meta tra le vie del centro. Riscopro la città che avevo dimenticato e che in parte non avevo mai visto. Capito al mercato di San Lorenzo, quello al coperto, una piccola gioia del ghiottone. Resto affascinato dai cantucci in cui spuntano tavoli grezzi e sedie malconce per uno spuntino veloce; mi perdo tra i banchi del piano superiore, tra odore di carne, pasta fresca, fritture di pesce, pizza e dolciumi assortiti. È troppo presto per fermarsi a mangiare ma prendo nota: sarà per la prossima volta.

Il pomeriggio passa, tra una passeggiata, un gelato, una visita al Duomo. Trovo anche il tempo per riposare un’oretta. Poi Jonne dice: “Ti porto a mangiare in un posto”. Così arriviamo a Il Latini, una fiaschetteria a due passi da Piazza della Repubblica. E’ sabato sera, c’è da aspettare. Fuori con noi ci sono turisti tedeschi, americani, giapponesi, e qualcuno del posto. Dentro, alle 20.00, è già tutto pieno. Ci vuole pazienza. Jonne mi assicura che vale la pena.

Come sempre, quando si tratta di cibo, ha ragione. L’attesa, inoltre, è dolce. Di tanto in tanto il proprietario viene fuori con un grosso piatto di pecorino non stagionato, tagliato a tocchi, e lascia che ne prendiamo a piene mani. Dietro di lui uno dei camerieri porta bicchierini di un bianchetto liquoroso, giusto per accompagnare. Non ho la prontezza di chiedere cos’è. Nel gruppo di giapponesi una ragazza apprezza più di tutti e mangia come fosse la sua ultima cena. Il tempo passa, e alla fine tocca a noi.

Il locale, dentro, alterna succulenti prosciutti che pendono dal soffitto a librerie sbilenche che reggono libri malconci.  Volume alto, conversazioni a ruota libera, vino che scorre. Il servizio è informale, ti siedi dove c’è posto, non importa il numero del tavolo o dei commensali. Capita, così, che dividi il tavolo e la cena con perfetti sconosciuti. Nessuno se ne cura.

Capitiamo vicino a un ragazzo arabo molto composto che ci saluta in inglese. Per un istante, vigliaccamente, mi chiedo se stiamo per saltare in aria. Per fortuna no. E’ un saudita, apprezza il vino, l’olio e la carne. L’unica cosa che non tocca sono i salumi. Brindiamo insieme alla sua prima volta in Italia. Al momento di pagare tira fuori una carta nera, satinata, aggressiva, che sembra collegata direttamente a un pozzo di petrolio. Jonne la guarda con gli occhi lucidi. “Fattene una così”, mi dice. “Basta aspettare un trilione di anni”, rispondo.

20150926_211450Però non c’è tempo per badare a queste cose. Tutto è troppo buono. Beviamo un Chianti Castellare 2013 che pronti via, stappato è già perfetto. Soprattutto, ci arriva una fiorentina commovente. Un chilo e passa di carne perfetta, cotta al carbone: alta, sfacciata, sanguinolenta, morbida. Il primo boccone è una delizia, il secondo pure, il terzo meglio ancora. Non parliamo più, il muso nel piatto. Ogni tanto ci guardiamo con gli occhi umidi e un sorriso gagliardo. Il Castellare va giù che è un piacere, giovane giovane ma già bello tosto. Arrivano le patate: si sciolgono in bocca. Croccanti fuori, un cuore tenero dentro. Mangiamo come la turista giapponese, dimentichi di tutto, felici.

Al momento di pagare tiro fuori la mia CartaSì grigia e arancione, collegata al mio misero conto a due zeri e firmo la ricevuta con una certa spavalderia. Per fortuna, il nostro amico saudita è già andato via.

 

 

 

 

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